Commento al fascicolo
n. 256
“La ricchezza spirituale”
Che un fascicolo breve possa essere considerato ‘minore’ rispetto ad altri che contengono un maggior numero di dettati, è certamente un errore; come anche, non vi è un tema più importante o più accattivante di un altro, nelle sterminate pagine dove, grazie alla ricevente BD, il Signore ci trasmette i Suoi insegnamenti. Ogni argomento presentato nei diversi fascicoli è un arricchimento ulteriore per la nostra anima, e tutti contribuiscono a condurci sulla Via Maestra, verso Dio…
Tale è il caso anche di questo n. 256, appena quindici dettati, in cui viene stabilito il senso della ricchezza spirituale - definita anche, ‘conoscenza spirituale’ - come più desiderabile della ricchezza terrena, poiché quest’ultima deve necessariamente essere abbandonata con la perdita del corpo fisico; infatti, dal punto di vista dell’anima, un’esistenza condotta terrenamente - ma secondo gli insegnamenti divini - le consente di acquisire la forza necessaria per poter accedere nell’aldilà nelle migliori condizioni, cioè con un bagaglio di quei ‘beni spirituali’ utili a sé e alle altre anime più deboli cui dovrà, e potrà, recare aiuto.
Perciò l’uomo di ogni tempo ha un solo compito nella vita: sforzarsi di ottenere il più grande di questi beni, cioè il riconoscere un Dio Padre da amare, ritenendosi come Suo figlio, rendendo viva e attiva questa figliolanza tramite l’amore disinteressato per il prossimo. È l’amore testimoniato nella Storia da Gesù, l’amore ‘mutuabile’ fino all’estremo dono di sé, che l’essere può sperimentare solo durante il proprio cammino come uomo, sulla Terra, e che può offrire a Dio nella libera volontà, quale risarcimento per l’originaria ribellione intrapresa insieme al primo oppositore della Divinità. È il bene spirituale per eccellenza, indivisibile, eppure non soggetto a diminuire o perdersi - se elargito volontariamente agli altri - proprio perché Dio stesso, il Donatore, lo ripristina e lo rafforza di continuo, perpetuandolo attraverso i Suoi figli, quale Suo dono dall’eternità.
È l’amore che il prossimo deve però, essere disposto ad accogliere, non glielo si può imporre; l’anima stessa deve ricercarlo, riconoscendolo come il suo necessario nutrimento, cibo e bevanda di cui non può soffrire la mancanza… al contrario dei beni materiali, più spesso deleteri, di cui l’uomo talvolta si riempie a sproposito, senza un reale e consapevole bisogno!
Succede così l’assurdo: ciò che darebbe forza duratura, da portarsi nell’aldilà (la ricchezza spirituale) viene rifiutato, invece ciò che sostiene solo temporaneamente, e indebolisce e immiserisce l’anima (la ricchezza materiale) viene accolto.
Si tratta allora di considerare questo, come il vulnus più grave dei tempi moderni: l’uomo è oramai del tutto ‘guidato’ su false piste, distolto dalla via maestra, e il discernimento rimane prerogativa di pochi, di coloro che, per buona volontà e destino, accolgono la grazia di poter fungere da mediatori tra il regno spirituale e quello terreno, in grado di intercettare la luce e trasferirla nell’oscurità, servitori di cui Dio stesso si avvale per ricondurre a Sé i figli dispersi. Impresa non facile, per la quale Egli assicura la Sua presenza, facendosi a ciascuno più vicino e vanificando l’azione dell’avversario, con le parole: “Non iniziate nulla senza aver pregato per la Mia assistenza e la Mia benedizione”…